sabato 16 aprile 2016

Consultazione referendaria del 17 aprile sulle trivellazioni entro le 12 miglia

L’espressione del voto è sempre importante. In particolare quando riguarda un argomento di grande rilevanza quale l’ambiente e l’approvvigionamento energetico.
Quindi l’invito all’astensione da parte di chi riveste un ruolo istituzionale, pur se non democraticamente eletto, pare alquanto fuorviante. Come le motivazioni addotte  circa la scelta tra salute e lavoro ( la medesima avanzata anche per l’Ilva di Taranto) come se non fossero entrambi diritti, ma si dovesse esercitare un’anacronistica opzione.
Peraltro il referendum risulta già decurtato ed inerente alla sola durata delle concessioni estrattive entro le 12 miglia dalla costa. Riguarda quindi 92 permessi,  con l’Eni azionista di maggioranza di 76 impianti, su un totale di 135 piattaforme presenti nei mari italiani .
Ma considerando l’esigua entità  degli idrocarburi estratti da questi giacimenti  ( nel 2015  3 - 4% del fabbisogno nazionale di metano ed 1% di petrolio ), l’inquinamento ambientale (un recente rapporto commissionato dall’Eni e redatto da Greenpeace con dati riferiti agli anni compresi tra il 20121 e il 2014 relativi a 34 piattaforme per il gas nell’Adriatico afferma  che nelle cozze e sedimenti marini in prossimità delle piattaforme sono state rilevate sostanze chimiche,  in certi casi, percentualmente maggiori a quelle consentite dalla normativa ) e le possibili conseguenze relative ad un  territorio già fragile ed abusato, la partecipazione al referendum appare un’occasione per esprimere la propria volontà in tal senso e fornire un segnale incentivante verso la ricerca e lo sviluppo di energie alternative e realmente “green”. Per non ipotecare ancora una volta in un’ottica poco lungimirante il nostro e l’altrui futuro.

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