sabato 21 ottobre 2017

Romania terra di turismo venatorio

Sarà stata un'altra mattanza avvenuta nel silenzio.
Non è più giunta infatti notizia alcuna della campagna anti-carnivori, strage annunciata dei grandi predatori dei Carpazi decretata dalla Romania ai primi del settembre scorso.
Il Ministero dell'Ambiente romeno aveva autorizzato l'abbattimento di circa 140 esemplari di orso e 97 di lupo motivandoli con i danni e le aggressioni alle persone causate dalle specie selvatiche, il cui numero sarebbe stato eccessivo per un'accettabile convivenza con il genere umano, a tutela dell'incolumità della popolazione locale e turisti. Il decreto ministeriale che ne legalizzava l'uccisione consentiva la soppressione degli animali esclusivamente da parte di personale autorizzato ( guardie forestali, polizia, militari ) stabilendo che abbattimento o ricollocazione potessero essere attuati solo con l'accordo delle autorità preposte alla tutela dell'ambiente.
Ma la posizione della Romania circa l'attività venatoria dei grandi predatori è sempre stato alquanto tollerante ed ambiguo.
Nonostante l'ingresso della Romania nell'Unione Europea avvenuto nel 2007 il Paese ha continuato indisturbato a permettere la pratica di ( la stagione venatoria era aperta ogni anno dal 15 marzo al 15 maggio e dal 1 settembre al 31 dicembre) compresa la realizzazione di trofei ( testa e pelliccia), inclusi nel prezzo della battuta di caccia, dei quali erano consentiti le esportazioni.
Il settore del turismo venatorio ha richiamato cacciatori da tutto il mondo originando una delle più lucrose attività della nazione.
Perchè la caccia-safari a orsi, lupi e linci in Romania è diventata da tempo un'industria florida e redditizia che fa del Paese dei Carpazi un'importante meta dell'attività venatoria.
La Romania è riuscita a mantenere la politica di hunting aggirando la normativa di protezione comunitaria mediante uno stratagemma dal momento che la legislazione europea consente l'uccisione degli animali selvatici solo in caso di provata pericolosità per l' essere umano.
Infatti i grandi carnivori sono inseriti tra le specie in pericolo di estinzione che in quanto tali sono tutelati nei Paesi membri dell'Unione Europea. Ma il governo di ogni ciascuno stato può decidere la soppressione degli esemplari che si siano resi protagonisti di aggressioni a persone o danneggiamenti a proprietà private dei residenti.
Sebbene la Romania abbia firmato nel 1973 la Convenzione di Berna (per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotipi in Europa) il Paese dei Carpazi ha nondimeno permesso il proseguimento dell'attività venatoria di animali protetti dallo stesso documento giustificando il business con le cifre sovrastimate degli esemplari selvatici. Risultano così motivati i sistemi di gestione della fauna selvatica che includono la caccia controllata per cui le autorità romene possono stabilire ogni anno il numero degli abbattimenti consentiti.
In realtà, secondo le associazioni animaliste, la popolazioni di orsi ( ma anche di lupi e linci ) conterebbe un numero decisamente inferiore di individui, tra i 2.000 -2.500 , contro i 6.000 stimati.
Non vi sono infatti dati certi sull'effettivo numero di plantigradi in Romania in quanto le azioni di censimento sarebbero falsate proprio per far risultare quote maggiori di popolazione di orsi ( alcuni esemplari sono contati più di una volta).
Inoltre, come riporta la stampa locale, non tutti i proventi derivanti dalla caccia all'orso bruno andrebbero alle casse dello stato, ma rimpinguerebbero anche le finanze di enti forestali locali che avrebbero organizzato partite di caccia al plantigrado tradottesi in massacri dei orsi. Mentre personale e mezzi non risultano sufficienti per controllare e contrastare l'azione di cacciatori o bracconieri.
Di fatto sembra che, conseguentemente all'attività venatoria, il numero dei grandi carnivori abbia subito una decisa riduzione negli ultimi anni.
In seguito alle proteste delle associazioni ed alla disapprovazione dell'opinione pubblica nell'ottobre 2016 la Romania, che anche quell'anno aveva già fissato le quote di caccia autorizzate comprensive di circa 550 orsi, 650 lupi e 500 grandi felini, ha vietato l'attività venatoria e la realizzazione di qualunque trofeo di caccia di grandi carnivori selvatici.
Il dubbio che si sia trattato solo di una sospensione temporanea della caccia è forte dal momento che l'hunting, pur se dissimulato, è probabilmente ripreso dopo un solo anno.

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domenica 15 ottobre 2017

Bracconaggio ai danni del lupi : episodi effererati in Toscana e nelle Marche

Si moltiplicano pericolosamente gli episodi di brutali uccisioni e macabra esposizione dei corpi ai danni dei lupi.
Dopo gli esemplari trovati uccisi ed impiccati al cartello d'ingresso del paese di Radicofani ( Siena) venerdì scorso, 13 ottobre 2017, ieri mattina è avvenuto il rinvenimento del corpo decapitato di un lupo su di un'aiuola spartitraffico a Pergola, località Canneto, ( Pesaro Urbino). Sebbene sia ancora da verificare si tratti di individui appartenenti alla specie canis lupus italicus o di ibridi la gravità dei gesti rimane.
Azioni ed immagini probabilmente esplicative della natura di alcuni residenti, ma lesive per la sensibilità di tanti italiani che ne sono rimasti inorriditi.
Dal momento che l'indole bestiale che sottointende questi atti e che ha prodotto e messo in mostra tale orrore corrisponde ad una visione non solo arcaica e superata, ma di barbarie tale da risultare inaccettabile per un Paese civile.
Eesecuzioni sommarie che non risultano giustificabili dal differimento dell'approvazione delle misure a contrasto del bracconaggio ( contenute nel Piano di Conservazione e Gestione del lupo in Italia) o dall'inadeguatezza di tempistica e modalità del risarcimento dei danni da fauna agli allevatori, ma che appaiono solo come atti di ritorsione con intento ricattatorio.
Mentre la mancata reiterata individuazione dei colpevoli ( spesso non così ardua ) e loro conseguente condanna si traduce di fatto se non in tacita legittimazione nella derubricazione di tali reati.
Qualificando l'Italia come un Paese culturalmente e giuridicamente statico condannato all'ignavia ed alla vergogna.

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