lunedì 3 marzo 2014

Un costo eccessivo




La questione dell’allevamento intensivo e dell’aberrante sistema che ne consegue è affrontato anche da libri come “Farmageddon : il vero costo della carne a buon mercato” di Philip Lymbery e “Eating Animals” di Jonathan Safran Foer.
L’allevamento industriale, oltre ad essere brutale ed orribile per le sofferenze che causa agli animali, sta provocando una catastrofe ecologica mettendo a rischio la biodiversità  e la sopravvivenza di popoli ed animali con il ricorso al falso problema della priorità del sistema alimentare (ovviamente quello occidentale è ritenuto l’unico possibile).
L’eccesivo consumo di carne incide sul rischio di malattie cardiache, cancro, obesità, diabete, osteoporosi, ecc. senza considerare il notevole rischio di epidemie che potrebbero essere provocate dalle assurde condizioni degli allevamenti intensivi ( agli animali di allevamento sono somministrati regolarmente antibiotici miscelati al cibo per aumentare il loro tasso di crescita, ma ciò contribuisce a selezionare ceppi di batteri particolarmente resistenti ai trattamenti farmacologici disponibili) ed essere successivamente trasmesse anche all’uomo.
Inoltre la riduzione di areali provoca la scomparsa di larga parte della fauna selvatica, la cui popolazione si riduce drammaticamente con una carneficina ininterrotta, gratuita e svantaggiosa. L’agricoltura sottrae la terra alle altre specie viventi specializzandosi nella monocultura per l’uso esclusivo del genere umano e alla base del modello di mega-zootecnia e mega-aricoltura c’è la concezione consumistica che accredita lo spreco di massa con lo sperpero delle eccedenze alimentari.
La nostra pratica alimentare risulta quindi sconsiderata  sotto molti punti di vista.
E se il prezzo maggiore è pagato dagli animali neppure la specie umana potrebbe uscire indenne da questo meccanismo scellerato.
Paradossalmente infatti la logica del puro guadagno si sta rivelando antieconomica in termini di salute, sostenibilità e  equilibrio dell’ecosistema.
Anche per questo motivo cresce nel mondo il numero di individui impegnati a tutelare i diritti degli animali e l’ambiente e attenti a ciò che mangiano, vegetariani e vegani in testa.
Ma si delinea anche una nuova categoria dei consumatori di carne come Joshua Applestone, autore di best seller con business connesso (allevatore,  proprietario di una catena di macellerie e ristoratore), che ne rivendicano il consumo, pur ravvisando la necessità di un nimor impiego di carne ottenuto sfruttando tutte le parti dell’animale e riconoscendo a quest’ultimo il diritto a una vita sana e quanto più possibile naturale.
E se questa posizione, che punta sulla responsabilità, può essere un primo passo verso il riconoscimento del benessere animale, il problema di fondo rimane insoluto perché questo tale atteggiamento mistifica l’eterna logica dello sfruttamento animale con la necessità di nutrirsi e con la promozione del consumo di  “carne biologica di animali nutriti con erba” celando in realtà una mera evoluzione dell’industria alimentare basata sull’abuso animale.
E’invece indispensabile definire nuove modalità di relazione  con  il pianeta e gli altri suoi abitanti cominciando anche dalla produzione e dal rapporto con il cibo.
L’insensibilità e  cecità collettiva agli orrori celati dietro la carne ci rendono complici e colpevoli. Infatti la responsabilità più rilevante di questa prassi, oltre che dei produttori e relativi finanziatori, è in ultima analisi del consumatore poiché il metodo si basa sulla consueta legge di domanda e offerta.
Diviene necessario e urgente adottare una strategia per contrastare un sistema globale dell'allevamento intensivo ormai completamente fuori controllo evitando sofferenze terribili agli animali, la diffusione di malattie collegate a una dannosa nutrizione, l'immenso spreco di risorse, il progressivo depauperamento del terreno e l'enorme inquinamento ambientale connessi al nostro deleteree o processo alimentare.

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