Articolo interessante quello pubblicato sul Washington Post ( http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A29937-2004Jun9.html )
relativo alla conoscenza e interpretazione del comportamento del gatto
redatto di da John
Bradshaw, direttore dell’Istituto di Antrozoologia dell’Università
di Bristol. L’articolo, precedentemente
presentato sulla rivista NewScientist, fa riferimento al libro “ Cat sense” dello
stesso autore in cui si descrivono le conclusioni dello studio trentennale del
comportamento e dell'interazione cane/ gatto - umano.
L’analisi relativa
alla dinamica comportamentale dei piccoli felini è illuminante soprattutto
nell’evidenziare che il gatto è ancora sostanzialmente un animale
selvatico.
La cosa non è senza importanza dal momento che la convivenza con
il felino porta spesso a sottovalutare questo aspetto del gatto. Il
mancato riconoscimento della sua indole e, di conseguenza delle sue
esigenze per quanto riguarda spazi ed atteggiamenti, può essere causa di disagio e stress per l’animale. Bradshaw
sostiene che, conseguentemente all’evoluzione della specie, i gatti siano
animali solitari che non hanno sviluppato forme di socialità con i propri
simili generalmente considerati come competitori. Solo con
l’addomesticamento e lo sviluppo di contatti con gli esseri umani si è
verificata la necessità di stabilire relazioni intraspecifiche per approfittare
della nuova disponibilità di risorse (probabilmente i gatti hanno iniziato a
raggrupparsi attorno ai granai). Ma secondo Bradshaw i rapporti con i propri
pari rimangono improntati alla diffidenza.
Dallo studio compiuto dal suo team è
infatti emerso che le relazioni tra felini che convivono nella stessa
abitazione sono frequentemente conflittuali. E la forzata coabitazione
può essere fonte di stress per i gatti poiché contraria a comportamenti
connaturati alla specie. Il gatto non è un cane, che era un animale
sociale già prima della domesticazione. L’uomo contemporaneo, con il
suo stile di vita, si ostina ad esigere dal gatto atteggiamenti estranei se
non addirittura opposti alla sua natura ed a ciò che gli è stato richiesto
dall’evoluzione. Con il risultato di provocare ansia e malessere all’animale.
Che ha invece necessità di luoghi dove esercitare azioni predatorie, di
perlustrazione e controllo territoriale, in sostanza di mettere in atto caratteri
e comportamenti innati. Mentre spesso gli sono imposte condizioni di vita
che risultano per lui logoranti e delle quali sono espressione anche cistiti e
dermatiti, disturbi frequenti nei gatti e con marcato fattore psicologico.
Ma la parte forse
più singolare del testo di Bradshaw è quella inerente al rapporto gatto-uomo.
Infatti i gatti, compreso che l’uomo reagisce positivamente ai
miagolii, sviluppano vocalizzi adatti alle determinate occasioni
elaborando un idioma specifico e personalizzato in quanto inteso da ambedue
i soggetti, umano e felino, coinvolti nella relazione, ma non partecipato da
altri individui delle specie. I gatti manifestano quindi una notevole adattabilità
e la capacità, mediante il legame affettivo, di attuare un “ comportamento
manipolativo” da interpretarsi quale abilità nel concordare le
condizioni del rapporto amicale per giungere ad una equilibrata e
soddisfacente sintonia. Il risultato è
probabilmente quello di un proficuo addestramento reciproco.
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