Che
lo sport a livello professionale non sia sempre un esempio di sana
competizione agonistica è acclarato.
Ma
che negli ultimi anni stia addirittura divenendo il pretesto per
compiere massacri di cani e gatti vaganti è un fatto gravissimo.
Che stronca insensatamente l'esistenza di troppi animali e lede
all'immagine della manifestazione sportiva. In quanto segno di
profonda ingiustizia e gretta inciviltà.
Come
è avvenuto recentemente in Marocco dove, in prospettiva del
passaggio di una delegazione della Fifa per la potenziale candidatura
del Paese ai Mondiali di calcio del 2026, nel fine settimana del 7-8
aprile scorso si sono registrate stragi di randagi attuate da
personale incaricato sotto gli occhi dei
turisti. Che sono intervenuti, come alcuni abitanti locali, in difesa
dei cani cercando di salvarli. Ed hanno denunciato per primi la
mattanza sui social network diffondendo le immagini dei massacri
avvenuti di notte ad opera della polizia mediante fucilazione di
animali inermi a Taghazout, nel sud del Paese, a Aourir ed Agadir.
Stragi confermate dalle associazioni locali, tra cui anche l'italiana
Stray Dogs International Project che ha attuato un progetto mirato
alla pacifica convivenza della popolazione con i randagi.
Ma
il Marocco non è nuovo all'uso di simili sistemi per arginare
randagismo e malattie correlate. E' stato per scongiurare l'uso di
queste modalità che nel 2016 le associazioni presenti sul
territorio, tra cui "Le cour sur la patte" sostenuta anche
dalla Fondazione Brigitte Bardot, hanno stipulato con le istituzioni
locali una convenzione finalizzata all'attuazione di un programma di
sterilizzazione e vaccinazione contro la rabbia ed alla riduzione del
numero dei cani vaganti con metodi non cruenti. Programma annullato
dal ritorno alla vecchia e più sbrigativa pratica dello sterminio
per fermare il quale sono state anche lanciate due petizioni on line
: una rivolta al Ministero degli Interni ed al Capo del Governo ed
una al re Mohammed VI.
Mentre
sempre in ambito sportivo gli interventi a favore degli animali
rischiano spesso di trasformarsi in incidenti diplomatici.
Infatti
il pattinatore olandese Jan Blokhuijsen, medaglia di bronzo ai Giochi
di Pyeongchang, ha suscitato un'aspra polemica e numerose proteste on
line per aver chiesto, nell'accommiatarsi dalla conferenza stampa il
21 febbraio scorso, un miglior trattamento per i cani nella Corea del
Sud esprimendosi implicitamente contro il consumo della loro carne.
Ma
che le manifestazioni sportive siano solo un alibi per mettere in
atto metodologie arretrate e rozze lo evidenzia un'ampia casistica.
Lo
dimostra l'esempio dell' Albania, Paese nel quale il problema del
randagismo viene sistematicamente "affrontato" con una
vera e propria caccia al cane vagante come più volte documentato
negli ultimi anni e dove sono attualmente in atto operazioni di
pulizia sommaria nella zona di Tirana con il coinvolgimento delle
autorità albanesi nonostante anche l'Italia collabori a progetti di
sterilizzazione di questi animali.
Nel
Paese infatti non sono presenti strutture governative che offrono
rifugio ai cani liberi numerosi proprio per l'assenza di canili
pubblici. E la modalità per attuare il controllo della popolazione
dei randagi è stata da sempre unicamente quella della carneficina,
come denunciato anche dalla trasmissione televiva Striscia La Notizia
con un servizio di Edoardo Stoppa, solo recentemente parzialmente
sostituita dai programmi di sterilizzazione.
Inoltre,
in mancanza di una normativa a loro protezione, gli animali vivono in
condizioni pessime e sono utilizzati per i combattimenti tra cani o
la sperimentazione.
Per
fermare l'odierna ennesima strage l'associazione Animal Rescue
Albania ha indetto una manifestazione davanti al comune di Tirana. Ed
opera per attuare una campagna di sensibilizzazione finalizzata alla
realizzazione di un canile pubblico con la partecipazione del
municipio del capoluogo oltre alla promulgazione di una legge a
tutela degli animali.
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