La qualità dell’architettura determina la vivibilità degli ambienti e aumenta il benessere degli occupanti perché attraverso disposizione, orientamento, illuminazione, configurazione degli spazi si generano luoghi a misura di esseri viventi.
Per realizzare spazi “sani”, liberi da tossine artificiali, campi magnetici, ecc. è indispensabile un progetto architettonico che, partendo dalla valutazione della localizzazione, contempli dalle prime fasi la progettazione energetica dell’edificio mediante lo studio della disposizione e dell’orientamento con il fine di ottimizzare la costruzione in termini di riscaldamento, raffrscamento e illuminazione diurna.
Oltre all‘utilizzo e all’integrazione nel progetto di risorse energetiche rinnovabili per quanto riguarda l’impiantistica e all’attenzione alla selezione dei materiali affinché non siano tossici o inquinanti, ma possibilmente biodegradabili e riciclabili, prodotti ed installati con il minimo consumo di energia totale.
Ma vi sono anche pareccchie false informazioni riferibili al contesto dell’architettura sostenibile.
Il fenomeno è definito “greenwashing” ( che potrebbe essere tradotto con “lavare col verde” ) ed indica azioni e strategie da parte di aziende, industrie, entità politiche o organizzazioni, studi professionali finalizzate a crearsi un’immagine ambientalista per occultare attività che sono invece fortemente impattanti.
Il fenomeno è definito “greenwashing” ( che potrebbe essere tradotto con “lavare col verde” ) ed indica azioni e strategie da parte di aziende, industrie, entità politiche o organizzazioni, studi professionali finalizzate a crearsi un’immagine ambientalista per occultare attività che sono invece fortemente impattanti.
In edilizia occorre prestare attenzione poiché talvolta costruzioni definite come eco-sostenibili possono palesare una natura differente quando si considerano le effettive caratteristiche dell’edificio, per materiali qualità degli spazi e tecnologie costruttive.
Paradigmatico il caso del biossido di titanio (TiO2), il cui uso soprattutto in forma nanoparticellare è in crescente aumento in vernici, superfici e vetrate autopulenti, coloranti alimentari, filtri solari, tessuti, prodotti elettronici, materiali da costruzione, oltre ad essere impiegato in svariati processi quali l’industria della carta ed il trattamento delle acque reflue.
Questo materiale sarebbe innocuo in forma di grani micrometrici, ma nella sua versione nano è stato classificato già nel 2006 come potenzialmente cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro mentre numerosi studi tossicologici hanno indicato gli effetti avversi che può provocare. Il biossido di titanio non può quindi essere ritenuto, come frequentemente divulgato, un materiale ecoattivo, al contrario è va ritenuto un contaminante emergente nel prossimo futuro.
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