Il fenomeno
del bracconaggio ha assunto negli ultimi anni proporzioni così rilevanti da
determinare lo sterminio di moltissime
specie animali che paiono irrimediabilmente destinate all’estinzione.
Ai
devastanti effetti del commercio illegale di animali selvatici corrisponde un
giro d’affari enorme, stimato in 23 miliardi di dollari l’anno. Che rappresenta
a livello internazionale, dopo armi e droga,
la tipologia di contrabbando più remunerativa, sostenuta dalla richiesta
asiatica e dal commercio on line.
Pur se il
bracconaggio ha sempre avuto un risvolto economico, in passato rappresentava un
fenomeno circoscritto ad ambiti locali. Attualmente invece, per effetto della
globalizzazione e delle tecnologie, ha assunto proporzioni e modalità che ne
fanno un business redditizio e privo di confini. Che sempre più frequentemente
serve a finanziare terrorismo o narcotraffico. L’incremento dei conflitti, a
fronte del limitato pericolo di condanne e della tenuità delle pene, ha
determinato uno smisurato aumento del commercio illegale di specie rare.
Crimine che, sostenendo la corruzione ed il terrorismo, genera
ed inasprisce aggrava ingiustizie disuguaglianze prevaricazioni e
povertà delle popolazioni locali.
Il traffico
di avorio, corni di rionoceronti, pelli di felini selvatici, lane, ma anche di
fauna selvatica (coccodrilli e rettili, volatili, pesci, farfalle) è in
costante aumento.
Il solo
commercio dell’avorio dal 2007 ad oggi è più che raddoppiato. E,
paradossalmente, il rischio di estinzione delle specie cacciate provoca
l’incremento del prezzo della “merce” accrescendo il profitto delle
organizzazioni criminali.
In Asia il costante saccheggio di animali selvatici,
imputabile a fattori culturali a cui concorrono credenze, superstizioni e
medicine tradizionali, sta determinando la scomparsa fine estinzione di
parecchie specie (tigre, leopardo, rinoceronte, antilope tibetana ).
Ma è proprio la richiesta asiatica a rendere
inarrestabile questo commercio perché l’Asia è il maggior mercato per quanto
riguarda il commercio di prodotti derivati da specie protette e quindi il Paese
con maggior traffico illecito. Ed il maggior acquirente di bracconaggio e
commercio illegale che si dirama dal continente africano. L’Africa è infatti il
Paese dove avviene un incessante massacro.
Il rinoceronte è a un passo dall’estinzione con cinque
specie scomparse alla fine del secolo scorso ed una, quella del rinoceronte
nero, diminuita a meno del 10 %. In Sudafrica e Zimbabwe, dove si trovano il
maggior numero di esemplari, la strage è in vertiginoso aumento per il valore, 66.000 dollari al kg, raggiunto dal corno dell’animale.
Particolarmente ricercato l’avorio, soprattutto in
Cina, dove sul mercato nero può costare anche 3.0000 dollari al kg un prezzo
estremamente redditizio per le milizie armate che nel continente africano
agiscono impunemente anche nelle riserve.
Mentre i commercianti di avorio variano costantemente le rotte e la
movimentazione della merce per eludere i controlli e sottrarsi alle normative,.
La corruzione dei funzionari fa il resto.
Le cifre rivelano la drammatica situazione : se in
Senegal e Sierra Leone gli elefanti sono estinti, in Zimbabwe nel 2013 sono
stati massacrati più di 300 pachidermi nel Hwange National Park, in Mozambico
il bracconaggio ha trucidato più di 2.500 animali, nella riserva di Selous in
Tanzania dal 2009 al 2013 sono stati uccisi due terzi degli esemplari presenti
mentre nella Repubblica Democratica del Congo ne sono stati sterminati oltre
1.000.
Attualmente in Africa sono presenti tra i 400 e i 600
mila elefanti e poiché ne vengono uccisi tra i 20.000 e i 25.000 all’anno
risulta che dal 2010 sono stati abbattuti molti più esemplari di quanti ne
nascano. L’estinzione della specie appare inevitabile ed imminente ( 25 – 50
anni secondo gli esperti) se non si attueranno immediatamente interventi
adeguati.
L’inasprimento delle pene appare urgente per evitare
che bracconieri ed acquirenti colti sul fatto abbiano communate solo piccole
sanzioni o detenzioni di esigua durata ( il principale cacciatore di elefanti
del Congo, Ghislain “Pepito” Ngondjo, ha avuto una condanna di soli 5 anni di
carcere per aver sterminato centinaia di pachidermi).
Ma anche per proteggere l’incolumintà dei guardie
forestali che risultano numericamente inferiori e decisamente meno attrezzate
dei bracconieri.
Come proposto da John Scanlon, segretario generale
della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di
estinzione, occorre equiparare, i
crimini dell “illegal wildlife trade” contro la fauna selvatica ai reati gravi
quali il traffico di armi e stupefacenti.
Inoltre,
poiché l’Europa è il continente di transito per i traffici illegali come
dimostrato dagli annuali sequestri di questo tipo di prodotti, è indispensabile
che l’UE fermi il passaggio di questi commerci
sul proprio territorio.
Infine
maggiori controlli e pene più severe risultano necessari anche negli Stati
Uniti ed in Europa che sono tra i principali acquirenti di prodotti legati a
specie protette.
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