martedì 19 luglio 2016

Il business della violenza e del maltrattamento degli animali : dai combattimenti al traffico di cuccioli alle corse clandestine, un affare per criminalità ed individui senza scrupoli


Due anni di indagini, svolte dal Corpo forestale dello stato in collaborazione con i Nuclei investigativi di polizia Ambientale e Forestale di Pesaro-Urbino, Perugia, Milano, Lecco, Pavia e dal Nirda (Nucleo investigativo per i reati in danno agli animali) e diretta dal sostituto procuratore di Urbino Simonetta Catani, hanno portato nel giugno scorso al rinvio a giudizio per i reati di combattimento, uccisione e maltrattamento di animali di 10 persone. Tra cui un allevatore di cinghiali di Cagli, tre conosciuti allevatori di razze da combattimento e sei detentori di dogo argentino di Umbria, Campania e Lombardia alcuni dei quali videoregistravano le lotte.
Di poco precedente, aprile 2016, la scoperta da parte delle forze di polizia di un allevamento clandestino di cani da combattimento ( dogo argentino, pitbull e meticci ) in Vallecrosia al centro di un giro d’affari legato alle scommesse sulle lotte tra animali. Dieci persone denunciate tra le quali cinque di Imperia ed un imprenditore genovese che allenava i cani per i combattimenti nell’entroterra ligure e, nella sua proprietà di Rea, in provincia di Pavia, organizzava le lotte nello scantinato di una villetta e gestiva un altro allevamento illegale.
Questi episodi dimostrano che quello dei combattimenti tra animali è un fenomeno che, nonostante l’aumento delle persone denunciate e il numero dei cani sequestrati, non accenna a diminuire, ma al contrario è in continua crescita. Perchè di un vero e proprio business si tratta connesso a quello delle scommesse clandestine e che registra un volume di milioni di euro all’anno. I combattimenti generano infatti un considerevole giro d’affari con guadagni tutto sommato facili considerando che l’investimento è minimo ed i rischi ancora minori. Dal momento che il malaffare agisce , grazie all’indifferenza dominante, nell’omertà quasi totale.
Per questo è stato stabilito un inasprimento ( art. 544 quinquies ) delle pene previste per tali reati ( Legge n.189 del 20.07.2004), definiti come “Delitti contro il sentimento degli animali” dal Codice penale, con condanne da uno a tre anni di reclusione e sanzioni da 50.000 a 160.000 euro per chi promuove, organizza o dirige combattimenti tra animali.
Mentre la LAV, attraverso il suo Osservatorio Nazionale Zoomafia, ha riattivato dal 1 luglio di quest’anno il numero SOS COMBATTIMENTI ( 06 4461325 ) per segnalare, anche anonimamente, i combattimenti tra animali ( per richiedere un intervento ci si può invece rivolgere ad un qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria ( Carabinieri, Polizia di stato, Guardia di Finanza, Vigili Urbani, ecc. ).
Sono i cani le principali vittime di questo mercato senza scrupoli. Animali che appartengono a razze selezionate per la caccia di grossi mammiferi o per la guardia, di notevole prestanza fisica e considerevole istinto predatorio, come il dogo argentino, il pitbull, rottweiler, bull mastiff, dobermann, stafford-shire mastiff.
Allevati per combattere e sottoposti a sevizie e violenze ( percossi e/o lasciati a digiuno ) fin da cuccioli per esasperarne l’aggressività.
Abitualmente relegati in gabbie e privi di microchip subiscono addestramenti durissimi così brutali da configurarsi come vere e proprie torture.
Che prevedono anche l’uso di attrezzi specifici come i tapis roulant con barre metalliche e catena per aumentare fiato e resistenza allenando i cani a correre senza sosta caso in cui finirebbero strangolati dalla catena. O la cosidetta “forca” usata per rafforzare le mascelle : una struttura metallica alla quale è agganciato un sacco simile al punging-ball che i cani devono sono incitati ad azzannare rimanendovi appesi a mezz’aria.
Inoltre a questi animali vengono somministrati medicinali dopanti, farmaci per accrescere le prestazioni che generalmente vengono forniti ai cavalli nelle gare di corsa, prodotti che provengono frequentemente dai Paesi dell’est Europa. Sostanze che risultano quindi perlomeno poco sicure per la salute dei cani.
I combattimenti sono cruenti e la loro durata può variare da alcune decine di minuti a qualche ora e spesso terminano solo con ferite mortali.
I cani che riportano lesioni gravi, che necessiterebbero di lunghe cure, sono uccisi barbaramente ; difficilmente sono portati al canile dove comunque il loro recupero risulta difficoltoso.
Le lotte vengono frequentemente videoregistrate con telecamere o telefonini e condivise in rete. Le perquisizioni permettono il rinvenimento di filmati audiovisivi che testimoniano la brutalità dei combattimenti, le ferite o la morte degli esemplari costretti in queste attività eventi.
Il fenomeno è allarmante anche perché in costante aumento con il coinvolgimento di una molteplicità di individui : soggetti attratti dalla violenza, dediti al gioco e alle scommesse, delinquenti comuni, allevatori senza scrupoli, ma anche affiliati ad organizzazioni criminali come la camorra, la mafia, ecc.
Ma è il mondo delle scommesse clandestine a coordinare questo grande business che causa annualmente migliaia di vittime animali nella sola Italia.
Infatti, benchè il fenomeno sia molto diffuso su tutto il territorio italiano, le regioni in cui si registrano il maggior numero di combattimenti tra cani sono quelle dove maggiore è il controllo della criminalità organizzata : Sicilia ( dove sono diffusissime le lotte) , Campania, Puglia , ed anche Lazio.
Preoccupante anche il numero di minorenni, non incriminabili, coinvolti che spesso gestiscono per altri capizona quelli che sono veri e propri allevamenti abusivi. Molti cani vengono rubati anche dagli allevamenti regolarmente autorizzati, strutture dove però sono stati talvolta scoperti animali con inequivocabili segni di lotte, circostanza che è la regola negli allevamenti clandestini.
Ma i combattimenti non sono l’unica modalità con la quale le zoomafie lucrano sulla pelle degli animali : si inseriscono a pieno titolo anche il traffico di cuccioli provenienti dai Paesi dell’est europeo ( Ungheria, Romania, Slovenia, Repubblica Ceca), le corse dei cavalli e la macellazione clandestina. E’ un mercato sommerso dove il confine tra gli ambiti di legalità ed illegalità è labile come variegata è la pluralità dei soggetti implicati.
Perché la criminalità coinvolta non è solo quella italiana e l’enorme aumento del commercio illegale di cuccioli di cane lo dimostra.
I piccoli, allontanati troppo precocemente dalla madre, privi di documentazione o con falsi certificati sanitari viaggiano in condizioni precarie, anche dal punto di vista igienico e sanitario. Dopo un tragitto di molte ore senza soste, ne acqua o viveri, i sopravvissuti sono rivenduti nel nostro Paese per cifre di molto superiori a quelle a cui sono stati acquistati.
Il traffico di cuccioli, diviene reato quando, come nella maggioranza dei casi, non rispetta minimamente le disposizioni della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia secondo la quale i piccoli devono essere dotati di microchip e di documenti sanitari.
Inoltre, secondo tali direttive i cuccioli non devono essere privati delle cure materne prima dei 60 giorni, possono essere venduti solo a partire dai 3 mesi e 21 giorni di età ( in modo che possa essere terminata la procedura della vaccinazione antirabbica) e devono ricevere un trattamento adeguato durante il trasporto. Infine il commercio di animali da compagnia dovrebbe riguardare “quantitativi rilevanti ed a fini di lucro”.
Invece questo commercio, consistente e diversificato, è frequentemente gestito in modo del tutto illecito da piccoli gruppi, anche familiari, di varia organizzazione, ma in cui rientrano, al pari di quanto avviene con gli esseri umani, anche trasporti occasionali effettuati con camion, furgoni, navi in totale violazione delle disposizioni del regolamento europeo 1/2005.
A questo poliedrico commercio corrispondono gravi carenze strumentali, istituzionali e normative che non consentono l’agevole identificazione di animali e detentore dal momento che documentazione ed archiviazione degli animali d’affezione non sono armonizzate all’interno della comunità europea oltre all’assenza di direttive specifiche comuni.
Infine le organizzazioni criminali e malavitose, oltre ai combattimenti tra cani, gestiscono spesso le corse clandestine di cavalli e la correlata macellazione illegale.
Attività per le quali sono noti gli interessi di mafia, camorra, ‘ndrine soprattutto nei territori siciliani, pugliesi, campani e calabresi anche con il coinvolgimento di clan importanti.
La criminalità italiana controlla il mondo delle corse clandestine dei cavalli impiegando animali provenienti dalle gare ufficiali, ex corridori o figli di cavalli da corsa. E gli animali che non muoiono a causa delle corse illegali o che riportano gravi ferite, tali da comprometterne la futura utilizzazione, sono abbattuti e macellati. 
Anche nel caso delle corse clandestine ai cavalli vengono somministrati farmaci per ottimizzarne le prestazioni, medicinali contenenti sostanze che hanno conseguenze sulla salute degli animali. E sulla salute dei consumatori a cui viene destinata la carne di questi cavalli immessa nel mercato alimentare con falsificata documentazione o attraverso la macellazione illegale. Da rilevare che la somministrazione di questi tali farmaci avviene sovente grazie alla complicità di medici veterinari ed addetti ai lavori. Oltre alla correità di tutti i componenti della catena della commercializzazione della carne : allevatori, veterinari pubblici, distributori addetti alla distribuzione alimentare e commercianti.

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