Due
anni di indagini, svolte dal Corpo forestale dello stato in
collaborazione con i Nuclei investigativi di polizia Ambientale e
Forestale di Pesaro-Urbino, Perugia, Milano, Lecco, Pavia e dal Nirda
(Nucleo investigativo per i reati in danno agli animali) e diretta
dal sostituto procuratore di Urbino Simonetta Catani, hanno portato
nel
giugno scorso al
rinvio a giudizio per i reati di combattimento, uccisione e
maltrattamento di animali di 10 persone. Tra cui un allevatore di
cinghiali di Cagli, tre conosciuti allevatori di razze da
combattimento e sei detentori di dogo argentino di Umbria, Campania e
Lombardia alcuni dei quali videoregistravano le lotte.
Di
poco precedente, aprile 2016, la scoperta da parte delle forze di
polizia di un allevamento clandestino di cani da combattimento (
dogo argentino, pitbull e meticci ) in Vallecrosia al centro di un
giro d’affari legato alle scommesse sulle lotte tra animali. Dieci
persone denunciate tra le quali cinque di Imperia ed un imprenditore
genovese che allenava i cani per i combattimenti nell’entroterra
ligure e, nella sua proprietà di Rea, in provincia di Pavia,
organizzava le lotte nello scantinato di una villetta e gestiva un
altro allevamento illegale.
Questi
episodi dimostrano che quello dei combattimenti tra animali è un
fenomeno che, nonostante l’aumento delle persone denunciate e il
numero dei cani sequestrati, non accenna a diminuire, ma al contrario
è in continua crescita. Perchè di un vero e proprio business si
tratta connesso a quello delle scommesse clandestine e che registra
un volume di milioni di euro all’anno. I combattimenti generano
infatti un considerevole giro d’affari con guadagni tutto sommato
facili considerando che l’investimento è minimo ed i rischi ancora
minori. Dal momento che il malaffare agisce , grazie all’indifferenza
dominante, nell’omertà quasi totale.
Per
questo è stato stabilito un inasprimento ( art. 544 quinquies )
delle pene previste per tali reati ( Legge n.189 del 20.07.2004),
definiti come “Delitti contro il sentimento degli animali” dal
Codice penale, con condanne da uno a tre anni di reclusione e
sanzioni da 50.000 a 160.000 euro per chi promuove, organizza o
dirige combattimenti tra animali.
Mentre
la LAV, attraverso il suo Osservatorio Nazionale Zoomafia, ha
riattivato dal 1 luglio di quest’anno il numero SOS COMBATTIMENTI
( 06 4461325 ) per segnalare, anche anonimamente, i combattimenti
tra animali ( per richiedere un intervento ci si può invece
rivolgere ad un qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria (
Carabinieri, Polizia di stato, Guardia di Finanza, Vigili Urbani,
ecc. ).
Sono
i cani le principali vittime di questo mercato senza scrupoli.
Animali che appartengono a razze selezionate per la caccia di grossi
mammiferi o per la guardia, di notevole prestanza fisica e
considerevole istinto predatorio, come il dogo argentino, il
pitbull, rottweiler, bull mastiff, dobermann, stafford-shire
mastiff.
Allevati
per combattere e sottoposti a sevizie e violenze ( percossi e/o
lasciati a digiuno ) fin da cuccioli per esasperarne l’aggressività.
Abitualmente
relegati in gabbie e privi di microchip subiscono addestramenti
durissimi così brutali da configurarsi come vere e proprie torture.
Che
prevedono anche l’uso di attrezzi specifici come i tapis roulant
con barre metalliche e catena per aumentare fiato e resistenza
allenando i cani a correre senza sosta caso in cui finirebbero
strangolati dalla catena. O la cosidetta “forca” usata per
rafforzare le mascelle : una struttura metallica alla quale è
agganciato un sacco simile al punging-ball che i cani devono sono
incitati ad azzannare rimanendovi appesi a mezz’aria.
Inoltre
a questi animali vengono somministrati medicinali dopanti, farmaci
per accrescere le prestazioni che generalmente vengono forniti
ai cavalli nelle gare di corsa, prodotti che provengono
frequentemente dai Paesi dell’est Europa.
Sostanze che risultano quindi perlomeno poco sicure per la salute
dei cani.
I
combattimenti sono cruenti e la loro durata può variare da alcune
decine di minuti a qualche ora e spesso terminano solo con ferite
mortali.
I
cani che riportano lesioni
gravi, che necessiterebbero di lunghe cure, sono uccisi barbaramente ; difficilmente sono portati al canile dove comunque il loro recupero
risulta difficoltoso.
Le
lotte vengono frequentemente videoregistrate con telecamere o
telefonini e condivise in rete. Le perquisizioni permettono il
rinvenimento di filmati audiovisivi che testimoniano la brutalità
dei combattimenti, le ferite o la morte degli esemplari costretti in
queste attività eventi.
Il
fenomeno è allarmante anche perché in costante aumento con il
coinvolgimento di
una
molteplicità
di
individui
:
soggetti attratti dalla
violenza, dediti al gioco e alle scommesse, delinquenti comuni,
allevatori senza scrupoli, ma anche affiliati ad organizzazioni
criminali come la camorra, la mafia, ecc.
Ma
è il mondo delle scommesse clandestine a coordinare questo grande
business che causa annualmente migliaia di vittime animali nella
sola Italia.
Infatti,
benchè il fenomeno sia molto diffuso su tutto il territorio
italiano, le regioni in cui si registrano il
maggior numero di combattimenti tra cani sono quelle dove
maggiore è il controllo della criminalità organizzata : Sicilia (
dove sono diffusissime le lotte) , Campania, Puglia , ed anche Lazio.
Preoccupante
anche il numero di minorenni, non incriminabili, coinvolti che spesso
gestiscono per altri capizona quelli che sono veri e propri
allevamenti abusivi. Molti cani vengono rubati anche dagli
allevamenti regolarmente autorizzati, strutture dove però sono stati
talvolta scoperti animali
con
inequivocabili segni di lotte,
circostanza che è la regola negli allevamenti clandestini.
Ma
i combattimenti non sono l’unica modalità con la quale le zoomafie
lucrano sulla pelle degli animali : si inseriscono a pieno titolo
anche il traffico di cuccioli provenienti dai Paesi dell’est
europeo ( Ungheria, Romania, Slovenia, Repubblica Ceca), le corse dei
cavalli e la macellazione clandestina. E’ un mercato sommerso dove
il confine tra gli ambiti di legalità ed illegalità è labile come
variegata
è
la
pluralità dei
soggetti implicati.
Perché
la criminalità coinvolta non è solo quella italiana e l’enorme
aumento del commercio illegale di cuccioli di cane lo dimostra.
I
piccoli, allontanati troppo precocemente dalla madre, privi di
documentazione o con falsi certificati sanitari viaggiano in
condizioni precarie, anche dal punto di vista igienico e sanitario.
Dopo un tragitto di molte ore senza soste, ne acqua o viveri, i
sopravvissuti sono rivenduti nel nostro Paese per cifre di molto
superiori a quelle a cui sono stati acquistati.
Il
traffico di cuccioli, diviene reato quando, come nella maggioranza
dei casi, non rispetta minimamente le disposizioni della Convenzione
europea per la protezione degli animali da compagnia secondo
la quale i piccoli devono essere dotati di microchip e di documenti
sanitari.
Inoltre,
secondo tali
direttive i
cuccioli non devono essere privati delle cure materne prima
dei 60
giorni, possono essere venduti solo a partire dai
3 mesi e 21 giorni di età ( in modo che possa essere terminata
la
procedura
della vaccinazione antirabbica) e devono ricevere un trattamento
adeguato durante il trasporto. Infine il commercio di animali da
compagnia dovrebbe riguardare “quantitativi rilevanti ed a fini di
lucro”.
Invece
questo commercio,
consistente e diversificato, è frequentemente gestito in modo del
tutto illecito da piccoli gruppi, anche familiari, di varia
organizzazione, ma in cui rientrano, al pari di quanto avviene con
gli esseri umani, anche trasporti occasionali effettuati con camion,
furgoni, navi in totale violazione delle disposizioni del
regolamento europeo 1/2005.
A
questo poliedrico commercio corrispondono gravi carenze strumentali,
istituzionali e normative che non consentono l’agevole
identificazione di animali
e detentore dal momento che documentazione ed archiviazione degli
animali d’affezione non sono armonizzate all’interno della
comunità europea oltre all’assenza di direttive specifiche
comuni.
Infine
le
organizzazioni criminali e malavitose, oltre ai combattimenti tra
cani, gestiscono spesso le corse clandestine di cavalli e
la correlata macellazione
illegale.
Attività
per le quali sono noti gli interessi di mafia, camorra, ‘ndrine
soprattutto nei territori siciliani, pugliesi, campani e calabresi
anche con il coinvolgimento di clan importanti.
La
criminalità italiana controlla il mondo delle corse clandestine dei
cavalli impiegando animali provenienti dalle gare ufficiali, ex
corridori o figli di cavalli da corsa. E gli animali che non muoiono
a causa delle corse illegali o che riportano gravi ferite, tali da
comprometterne la futura utilizzazione, sono abbattuti e macellati.
Anche
nel caso delle corse clandestine ai cavalli vengono somministrati
farmaci per ottimizzarne le prestazioni, medicinali contenenti
sostanze che hanno conseguenze sulla salute degli animali. E sulla
salute dei consumatori a cui viene destinata la carne di questi
cavalli immessa nel mercato alimentare con falsificata documentazione
o attraverso la macellazione illegale. Da rilevare che la
somministrazione di questi tali farmaci avviene sovente grazie alla
complicità di medici veterinari ed addetti ai lavori. Oltre alla
correità di tutti i componenti della catena della
commercializzazione della carne : allevatori, veterinari pubblici,
distributori addetti alla distribuzione alimentare e commercianti.
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