Già nel 1972 alcuni scienziati in Thailandia avevano sperimentato l’impiego della fibra di cocco e della lolla del riso nel processo di assorbimento di contaminanti ed altri residui presenti nell’acqua.
Alcuni anni fa
un chimico brasiliano, Milena Boniolo dell’Università Federale di Sao Carlos,
ha scoperto che le bucce di banana, essiccate e ridotte in polvere, depurano
l’acqua inquinata.
E recentemente
anche un team di ricercatori indiani, sotto la guida del Prof. Suresh
Valiyaveeettil del Dipartimento di Chimica della Singapore National
’University, è giunto alla medesima conclusione utilizzando bucce di frutti
diversi quali avocado, melone giallo, pitaya, mela, pomodoro.
Il procedimento
attraverso il quale le bucce svolgono un’azione depurativa è il medesimo :
l’attrazione delle cariche elettriche. Infatti le bucce (di banana, pomodoro,
mela ) di frutti con elevate quantità di azoto ed altre sostanze chimiche hanno
molti elettroni (di carica negativa) che attraggono le cariche positive
generalmente presenti nei metalli contenuti nell’acqua inquinata. Le bucce
assorbono gli ioni tosici dei metalli pesanti, soprattutto rame e piombo,
pesticidi, nanoparticelle, conservanti presenti nell’acqua.
Il procedimento
può essere ripetuto più volte fino alla purificazione completa dell’acqua.
Inoltre non occorre trattare chimicamente le bucce che in alcuni casi possono
possono essere riutilizzate (quelle di banana fino ad 11 volte ) per un
ulteriore trattamento depurativo.
Questa tecnica che impiega i rifiuti organici per la rimozione delle
sostanze nocive dall’acqua risulta quindi anche economicamente vantaggiosa. In
tal modo il sistema di azione purificatrice di contaminanti svolta da rifiuti
biodegradabili, per la sua estrema semplicità, può essere utilizzato pure in
ambito domestico e perfino nelle zone rurali remote.
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