Il
trattato trans-atlantico di liberalizzazione per i commerci e gli
investimenti ( Ttip ) implica aspetti problematici e rischi anche per
le forti implicazioni antidemocratiche.
Scopo
dell’accordo siglato nel luglio 2013 è la creazione di un grande
mercato mondiale in grado di competere con le altre economie mondiali
tra cui quelle di Cina, Brasile ed India mediante la facilitazione
degli scambi commerciali tra Europa e Stati Uniti con la modifica di
normative e standard e la diminuzione dei dazi doganali.
Ma
con l’introduzione del Ttip regolamentazioni e priorità non
saranno più decise dai governi nazionali, ma da enti tecnici
sovranazionali in base alle necessità richieste delle grandi
imprese.
Il
Ttip prevede infatti la creazione di 2 organismi tecnici : Investor
State Dispute Setltement ( ISDS ) a protezione degli investimenti,
attraverso il quale le ditte statunitensi ed italiane avrebbero la
facoltà di imporsi sui governi citandoli in giudizio nel caso di
introduzione di norme lesive dei loro interessi e Regulatory
Cooperation Council costituito da esperti della commissione UE e del
competente ministero USA addetto all’analisi costi/benefici di
tutte le direttive e misure commerciali, contratti di lavoro o
standard di sicurezza vigenti a livello nazionale con facoltà di
revoca od introduzione di quelli ritenuti più opportuni.
Conseguenza
inevitabile la perdita della sovranità potere autorità decisionale
degli Stati e la privazione del controllo di Paesi e cittadini.
Il
trattato comporterebbe quindi inevitabilmente lo spostamento delle
decisioni dalla scelta democratica a gruppi ridotti di potere.
Le
stesse modalità di segretezza in cui si svolgono i negoziati,
negando controllo e diritti contemporaneamente, denunciano la natura
antidemocratica del trattato.
Una
tale interpretazione è palese anche nella volontà di plasmare le
normative europee sulle regolamentazioni statunitensi con il
risultato dell’abbassamento/ abolizione degli standard dell’UE a
tutela della salute, del lavoro ed a protezione dell’ambiente.
Standard europei che sono frequentemente più severi e rigorosi
rispetto a quelli americani per il principio vigente negli Usa che
privilegia la libertà d’impresa delle aziende a scapito dei
diritti della comunità.
A
fronte di benefici risibili esigui minimi trascurabili : da 0 a +0,5%
di PIL nei primi tre anni per un aumento del 2-5% delle esportazioni
e da una diminuzione calo della produzione europea e ricadute
occupazionali in di alcuni settori ( auto, acciaio, agricoltura) con
conseguente perdita di posti di lavoro.
L’accordo,
e la liberalizzazione del mercato che propone, rischia si presenta
quindi favorevole solo in sostanza agli interessi delle aziende medie
grandi e soprattutto multinazionali.
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