La
mattanza di specie selvatiche a rischio estinzione ad opera del
bracconaggio ha portato il Kenya a ritenere inadeguata la normativa
vigente (legge sulla tutela della fuana selvatica emanata nel 2013
che prevede l'ergastolo o una multa di 200.000 dollari ) dimostratasi
inefficace sia come deterrente che ad arginare il fenomeno.
Le
cifre dei massacri ( solo nel 2017 96 elefanti e 9 rinoceronti)
spingono il Paese africano ad aggravare i provvedimenti per il reato
arrivando a configurare la pena di morte.
Il
governo avrebbe conseguentemente deciso di riservare un iter
privilegiato alla legge che inasprisce la condanna per chi uccide
animali selvatici, almeno secondo quanto riportato dall'agenzia
cinese Xinhua.
In
quanto la piaga del bracconaggio ha effetti notevoli anche
sull'economia del Kenya poichè la diminuzione della fauna selvatica
si traduce in una drastica riduzione dell'afflusso turistico il cui
principale richiamo è dato dalle bellezze naturali e faunistiche del
Paese presenti soprattutto nel Parco Tsavo.
Il
bracconaggio, con il suo eccidio che prosegue inarrestabile ed
incontrollato, risulta per il Paese e per l'Africa tutta in un grave
problema nazionale.
E
a nulla vale la lotta degli eroici personaggi che agli animali
selvatici d'Africa ed alla loro conservazione hanno dedicato la vita.
Come
dimostrano le morti di quanti si sono prodigati per la salvaguardia
della fauna africana, da Raphael Matta, strenuo difensore degli
elefanti selvatici in Costa d'Avorio ucciso il 16 gennaio 1959, a
Esmond Bradley Martin, ambientalista che cercava di contrastare in
ogni modo il bracconaggio ( era stato anche inviato speciale delle
Nazioni Unite per la lotta al bracconaggio ), assassinato in Kenya
nel febbraio scorso durante quella che pare una rapina, ma che
potrebbe essere un omicidio per la sua lotta incontrastata al
crimine.
Difatti
il bracconaggio, che
può contare su strumentazioni sempre
più sofisticate per trovare ed uccidere
gli animali, grazie
agli effetti
della globalizzazione e delle tecnologie
ha ormai dimensioni e modalità
che lo definiscono come un
commercio
redditizio e privo di confini.
Crimine
a cui concorrono pure turismo
venatorio, “canned hunting” ed industria del leone come ricordano
le tristemente famose vicende dei leoni Cecil e
di uno dei suoi figli, Xanda, entrambi
dotati di radiocollare, ma comunque attirati ed uccisi appena
al di fuori delle zone protette dei parchi nazionali
in battute di caccia che risultano così legali.
Business
che minacciano specie a rischio e che causano addirittura
l'esproprio dei territori da sempre abitati da alcune popolazioni
locali. Come nel caso denunciato da uno studio dell'americano Oakland
Institute dove due compagnie private, colluse con il governo, hanno
di fatto requisito, nel Nord della Tanzania, le terre ai Masai,
confinati in appezzamenti sempre più ridotti, per farne zone
deputate al turismo venatorio.
Attività
venatoria e crescente domanda di corno di rinoceronte ed avorio,
soprattutto da parte dei paesi asiatici, sono le principali cause
della caccia indiscriminata e del commercio illegale.
Attività
che possono frequentemene contare sulla corruzione e complicità del
personale incaricato della tutela di parchi e riserve ( ove è invece
in pericolo l’incolumintà delle guardie forestali oneste che sono
numericamente inferiori e decisamente meno attrezzate dei
bracconieri). Mentre pene che risultano insufficienti per chi ricava
guadagni enormi dalle stragi di animali e che spesso rimangono
inapplicate sono fattori che giocano a favore del bracconaggio. Che
mette a rischio la vita della fauna selvatica e quella delle persone
che vivono di turismo decretando l'impossibilità di avviare uno
sviluppo sostenibile.
Poiche
questo reato,
cagionando negative ripercussioni
economiche sulle entrate nazionali del Paese contribuisce
all'impoverimento delle popolazioni
locali e quindi all'inasprimento
delle disuguaglianze sociali,
alla
corruzione ed
all'instabilità.
per
APPROFONDIMENTI
:
Post Argomenti correlati
Ecosostenibilità ed ambiente :