sabato 4 giugno 2016

Atti di crudeltà sugli animali compiuti nell’infanzia e preadolescenza : riconosciuta la correlazione tra questo tipo di violenza e forme di devianza sociale

A chi apprezza tutte le creature e si mostra più attento all’umana vicenda è sempre  apparsa evidente la correlazione tra violenza sugli animali e le manifestazioni patologiche e che le prime siano espressione delle seconde. Ossia che l’indifferenza al dolore dell’altro e l’assenza empatica generino mostri. Poiché l’abuso sugli innocenti e sui più vulnerabili si configura spesso come  manifestazione anticipatrice di altre forme di crudeltà.
Esiste un allenamento alla consuetudine dell’uso della violenza agita nei confronti di chi non è nelle condizioni di sottrarsi alle sevizie. Tale addestramento è spesso legato al contesto familiare e/o sociale e questa forma di violenza risulta rivelatrice di devianza.
La conferma di questa  relazione viene da studi e ricerche realizzati in vari Paesi che hanno individuato il profilo zooantropologico criminale,  sempre più importante ai fini della messa a punto di strategie a contrasto della delinquenza. Al punto che l’Fbi ha realizzato delle apposite sezioni di polizia per l’identificazione della connessione  tra gli atti di crudeltà sugli animali ed i casi di reato e devianza sociale individuando tale tipologia di abusi come “Top crime” da   classificare nell’archivio elettronico nazionale dei criminali.
Anche in Italia ci si sta accorgendo della  significatività di tali comportamenti che vengono ora considerati con maggiore attenzione come  dimostrato dalla redazione del rapporto “ Zooantropologia della devianza” presentato a Roma il maggio scorso. 
Lo studio è stato condotto dal Nucleo investigativo per i reati in danno agli animali ( Nirda) del Corpo forestale dello Stato e da Link-Italia, associazione di promozione sociale, in collaborazione con la Polizia Penitenziaria, ed ha riguardato istituti di pena, comunità per minori, centri di recupero dalle dipendenze patologiche ed organizzazioni di assistenza alle vittime.
La ricerca ha esaminato 942  link ossia casi in cui risulta accertata la corrispondenza tra gli atti di crudeltà sugli animali ed altre altre forme di condotta antisociale, violenta o delinquenziale.
Ed è emerso che l’87% dei 537 carcerati intervistati aveva assistito o agito violenze su animali quando era ancora minorenne.
Gli esiti dell’analisi appaiono in larga parte scontati : il seviziatore- uccisore di animali tipo è  maschio ( nel 96 % dei casi ), con esperienza precoce di violenza sugli animali (mediamente tra i 4-5 anni), situazioni di grave disagio, atteggiamento antisociale, accentuata  propensione  sadica. Che li tramuta da adulti in soggetti propensi all’abuso di sostanze stupefacenti,  compagni violenti, stalker, criminali, assassini.
La crudeltà nei confronti degli animali in giovane età rientra nella sintomatologia del “disturbo della condotta” ed è ritenuta un indicatore predittivo di comportamenti antisociali, devianti o criminali dell’adulto. La sua individuazione riveste quindi un ruolo fondamentale per identificare potenziali comportamenti socialmente pericolosi. Per questo lo studio ha lo scopo  di fornire nuovi strumenti di prevenzione e controllo relativi alla violenza sugli animali.
Il riconoscimento scientifico può essere infatti un aiuto ad avere un’attenzione vigile su alcuni comportamenti che si delineano nell’infanzia e preadolescenza che non sono ne innocenti ne innocui  per esseri umani ed animali e che troppo spesso vengono sottovalutati nei loro effetti presenti e futuri.  Dal momento che i crimini contro gli animali sono avvertiti come reati di minor entità senza la percezione  dell’effettiva portata  e delle conseguenze sociali.

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