La decisione del Governo dello Zimbabwe di non incriminare il dentista Walter Palmer carnefice del leone Cecil, oltre che di altri animali, pare alquanto discutibile.
Il ministro dell’Ambiente
del Paese ha infatti comunicato che Palmer era in possesso dei necessari
permessi per fare battute di caccia e non ha quindi infranto leggi, ne può
essere accusato di bracconaggio. Oppah Muchinguru-Kashiri ha inoltre dichiarato
che il professionista americano era autorizzato come risultato dagli opportuni
controlli effettuati con polizia e
procuratore generale.
Aggiungendo che
lo Zimbabwe non chiederà quindi l’estradizione del
dentista del Minnesota e che Palmer sarà ancora
accolto nel Paese africano anche se solo come turista e non in veste di
cacciatore.
Simili
dichiarazioni paiono un avallo all’uso di metodi alquanto
opinabili in base ai quali l’attirare animali all’esterno
di un parco nazionale a scopo venatorio risulta una pratica legale.
Pare legittimato
anche il fatto che guida e cacciatore non si siano accorti durante le 40 ore di
inseguimento di Cecil, nonostante le sofisticate attrezzature a disposizione,
che il leone fosse dotato di collare Gps fracassato nel successivo maldestro
tentativo di distruzione.
Come l’ulteriore
accanimento sul corpo dell’animale morto dopo l’uccisione
al fine di realizzare un trofeo di caccia.
Il non luogo a
procedere nei confronti del dentista americano solleva alcune perplessità
Costituisce
infatti un precedente che spiana la strada, già evidentemente ben tracciata,
alla svendita del patrimonio faunistico dello Stato africano a chi dispone di
capitali sufficienti a pagare qualunque arbitrio.
Inoltre la
mancata incriminazione di Walter Palmer, già implicato in episodi
analoghi, non farà che incrementare la sua sicurezza e tracotanza nel
ricorrere a espedienti illeciti e nell’uso di prassi particolarmente
cruenti.
D’ora in avanti coloro che dispongono di 50.000 dollari sapranno dove
commettere i loro crimini con buona pace del turismo consapevole e
responsabile.
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