Gonfiare i
prezzi dei farmaci è facile, come nell’ultimo caso, ha dimostrato Martin
Shkreli, l’imprenditore trentaduenne americano di origine albanese, che prima
di essere arrestato per frode ( e rilasciato su cauzione ) ha fatto lievitare
il costo del Daraprim ( farmaco oggi utilizzato soprattutto per la
toxoplasmosi) del 5.456 % in una notte.
Infatti è
sufficiente acquistare i diritti di vendita di un farmaco vecchio per
diventarne monopolista.Infatti è
sufficiente acquistare i diritti di vendita di un farmaco vecchio per
diventarne monopolista.
In Italia la legislazione ( L. n. 326 / 2003 ) stabilisce la
determinazione dei prezzi dei farmaci medicinali ad uso umano rimborsati, e
quindi a carico dal Servizio Sanitario Nazionale, mediante la negoziazione tra
Agenzia Italiana del farmaco, AIFA, ed aziende farmaceutiche.
Quindi la contrattazione dovrebbe garantire l’equità del costo ed
evitare azioni speculative.
Dovrebbe perché il presidente dell’AIFA Sergio
Pecorelli è
stato recentemente sospeso dall’incarico
per conflitto di interessi in conseguenza dei suoi rapporti con fondi di investimento
e fondazioni collegati all’ambito
farmaceutico.
Il prezzo dei medicinali non rimborsabili è stabilito
unicamente dalla ditta produttrice.
Il farmaco veterinario In Italia è sotto il controllo
dal Ministero della salute, non dell’AIFA. Quindi, come per i farmaci
umani senza obbligo di prescrizione, il loro prezzo non dipende dal Ministero
della salute, ma è determinato solo
dal produttore.
Il comparto farmaceutico gode quindi di una notevole libertà
La
normativa europea richiede infatti solo la verifica di efficacia, sicurezza e
qualità.
E se la legge di mercato ha buon gioco nella definizione
del prezzo dei medicinali ad uso umano, le problematiche che influiscono sulla
determinazione dei prezzi dei farmaci veterinari sono maggiormente accentuate.
Frequentemente infatti il costo dei medicinali per la cura degli animali (
antinfiammatori, diuretici, antidolorifici, oppioidi, ecc) è eccessivo risultando anche di molto
superiore a quello per uso umano pure se realizzato con lo stesso principio attivo.
Sicuramente sul costo di questi farmaci veterinari incidono
molteplici fattori legati alla produzione, commercializzazione e distribuzione
quali le ricerche inerenti ad ogni principio attivo, posologie ed
indicazioni, per ogni specifica specie
animale alla quale è
destinato, il gran numero di differenti formati per adattarsi ai diversi
organismi animali, la quantità
di produzione di ogni farmaco, ecc. E per gli animali da reddito anche lo
studio dei tempi di sospensione cioè il lasso temporale intercorrente tra
l’ultima
somministrazione ed il consumo alimentare del prodotto di origine animale per evitare che i residuati del farmaco
possano trovarsi in uova, latte, carne, ecc. Ma la sperimentazione è decisamente meno
onerosa rispetto a quella per il medicinale ad suo umano. Risulta evidente che il margine di
guadagno nel settore della farmacologia animale è maggiore rispetto a quella
umana che già pare notevolmente ampio.
Inoltre il divieto per il medico veterinario di prescrizione
di medicinali ad uso umano con lo stesso principio attivo esclude il ricorso ai
farmaci generici tranne che nel caso dell’uso in deroga consentito
esclusivamente in casi particolari.
La normativa normativa italiana relativa all’uso in deroga di
farmaci umani per gli animali ( DLgs 193/06 artt. 10 e 11 ) recepisce e deriva
dalla Direttiva 2001/82/CE, art. 10 e 11 successive modifiche (Direttiva
2004/28/CE , Reg. CE 470/2009 e Reg. 1850/2006/CE).
La quale istituisce l’uso in deroga del medicinale umano
per animali non destinati alla produzione di alimenti e per gli equidi non
destinati alla macellazione per il consumo umano quando non esistano farmaci
veterinari autorizzati per curare una specifica affezione ed in assenza di un
medicinale veterinario autorizzato per l’uso su un’altra specie
animale o per un’altra
affezione della stessa specie animale
con l’obiettivo
espresso enunciato negli artt. 10 e 11 della Dir. 82/2001/CE di “evitare all’animale sofferenze
inaccettabili”. La trasposizione italiana della legislazione europea,
omettendo alcuni vocaboli ( quali il
termine salute dell’animale) e sostituendo una valutazione della sofferenza più
restrittiva non considera nella giusta misura la tutela del benessere animale
perché introduce il principio che il dolore e la sofferenza dell’animale
debbano divenire intollerabili per poter essere alleviati.
Le attuali regole a cascata sull’uso in deroga
costringono infatti il medico veterinario, in assenza di un adeguato farmaco
per la terapia, a scegliere un altro medicinale veterinario autorizzato in
Italia per l’uso su un’altra specie o
per un’altra affezione della stessa specie animale poiché solo in assenza di
tali farmaci è prevista la possibilità di prescrivere un medicinale per uso umano.
In questo contesto normativo aumentare la concorrenza
nell’ambito farmaceutico veterinario può indubbiamente contribuire alla
riduzione dei prezzi dei medicinali per la cura degli animali ed a tale scopo
presso il Consiglio dell’Unione Europea è in discussione un nuovo Regolamento
dei farmaci veterinari che ha, tra gli altri,
l’obiettivo di aumentare la disponibilità dei medicinali veterinari in
ambito europeo mediante una serie di semplificazione che condurrebbero ad una
loro maggior diffusione e quindi reperibilità.
Ma senza interventi di controllo difficilmente un
mercato in crescita e di promettente fatturato come quello del farmaco
veterinario potrà vedere prezzi calmierati come l’emblematica vicenda di Martin
Shkreli insegna.
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