sabato 16 gennaio 2016

L’elevato costo dei farmaci ad uso veterinario

Gonfiare i prezzi dei farmaci è facile, come nell’ultimo caso, ha dimostrato Martin Shkreli, l’imprenditore trentaduenne americano di origine albanese, che prima di essere arrestato per frode ( e rilasciato su cauzione ) ha fatto lievitare il costo del Daraprim ( farmaco oggi utilizzato soprattutto per la toxoplasmosi) del 5.456 % in una notte.
Infatti è sufficiente acquistare i diritti di vendita di un farmaco vecchio per diventarne monopolista.Infatti è sufficiente acquistare i diritti di vendita di un farmaco vecchio per diventarne monopolista.

In Italia la legislazione ( L. n. 326 / 2003 ) stabilisce la determinazione dei prezzi dei farmaci medicinali ad uso umano rimborsati, e quindi a carico dal Servizio Sanitario Nazionale, mediante la negoziazione tra Agenzia Italiana del farmaco,  AIFA,  ed aziende farmaceutiche.
Quindi la contrattazione dovrebbe garantire l’equità del costo ed evitare azioni speculative.
Dovrebbe perché il presidente dell’AIFA Sergio Pecorelli è stato recentemente sospeso dall’incarico per conflitto di interessi in conseguenza dei suoi rapporti con fondi di investimento e fondazioni collegati all’ambito farmaceutico.
Il prezzo dei medicinali non rimborsabili è stabilito unicamente dalla ditta produttrice.
Il farmaco veterinario In Italia è sotto il controllo dal Ministero della salute, non dell’AIFA. Quindi, come per i farmaci umani senza obbligo di prescrizione, il loro prezzo non dipende dal Ministero della salute, ma  è determinato solo dal produttore.
Il comparto farmaceutico gode quindi di una notevole libertà
La normativa europea richiede infatti solo la verifica di efficacia, sicurezza e qualità.
E se la legge di mercato ha buon gioco nella definizione del prezzo dei medicinali ad uso umano, le problematiche che influiscono sulla determinazione dei prezzi dei farmaci veterinari sono maggiormente accentuate.
Frequentemente infatti il costo dei medicinali per la cura degli animali ( antinfiammatori, diuretici, antidolorifici, oppioidi, ecc)  è eccessivo risultando anche di molto superiore a quello per uso umano pure se realizzato con lo stesso principio attivo.
Sicuramente sul costo di questi farmaci veterinari incidono molteplici fattori legati alla produzione, commercializzazione e distribuzione quali le ricerche inerenti ad ogni principio attivo, posologie ed indicazioni,  per ogni specifica specie animale alla quale è destinato, il gran numero di differenti formati per adattarsi ai diversi organismi animali, la quantità di produzione di ogni farmaco, ecc. E per gli animali da reddito anche lo studio dei tempi di sospensione cioè il lasso temporale intercorrente tra l’ultima somministrazione ed il consumo alimentare del prodotto di origine animale  per evitare che i residuati del farmaco possano trovarsi in uova, latte, carne, ecc. Ma la sperimentazione è decisamente meno onerosa rispetto a quella per il medicinale ad suo umano.  Risulta evidente che il margine di guadagno nel settore della farmacologia animale è maggiore rispetto a quella umana  che già pare notevolmente ampio. 
Inoltre il divieto per il medico veterinario di prescrizione di medicinali ad uso umano con lo stesso principio attivo esclude il ricorso ai farmaci generici tranne che nel caso dell’uso in deroga consentito esclusivamente in casi particolari. 
La normativa normativa italiana relativa all’uso in deroga di farmaci umani per gli animali ( DLgs 193/06 artt. 10 e 11 ) recepisce e deriva dalla Direttiva 2001/82/CE, art. 10 e 11 successive modifiche (Direttiva 2004/28/CE , Reg. CE 470/2009  e Reg. 1850/2006/CE).
La quale istituisce l’uso in deroga del medicinale umano per animali non destinati alla produzione di alimenti e per gli equidi non destinati alla macellazione per il consumo umano quando non esistano farmaci veterinari autorizzati per curare una specifica affezione ed in assenza di un medicinale veterinario autorizzato per l’uso su un’altra specie animale o per un’altra affezione della stessa specie animale  con l’obiettivo espresso enunciato negli artt. 10 e 11 della Dir. 82/2001/CE di “evitare all’animale sofferenze inaccettabili”. La trasposizione italiana della legislazione europea, omettendo alcuni vocaboli  ( quali il termine salute dell’animale) e sostituendo una valutazione della sofferenza più restrittiva non considera nella giusta misura la tutela del benessere animale perché introduce il principio che il dolore e la sofferenza dell’animale debbano divenire intollerabili per poter essere alleviati. 
Le attuali regole a cascata sull’uso in deroga costringono infatti il medico veterinario, in assenza di un adeguato farmaco per la terapia, a scegliere un altro medicinale veterinario autorizzato in Italia  per l’uso su un’altra specie o per un’altra affezione della stessa specie animale poiché solo in assenza di tali farmaci è prevista la possibilità di prescrivere un medicinale per uso umano. 
In questo contesto normativo aumentare la concorrenza nell’ambito farmaceutico veterinario può indubbiamente contribuire alla riduzione dei prezzi dei medicinali per la cura degli animali ed a tale scopo presso il Consiglio dell’Unione Europea è in discussione un nuovo Regolamento dei farmaci veterinari che ha, tra gli altri,  l’obiettivo di aumentare la disponibilità dei medicinali veterinari in ambito europeo mediante una serie di semplificazione che condurrebbero ad una loro maggior diffusione e quindi reperibilità. 
Ma senza interventi di controllo difficilmente un mercato in crescita e di promettente fatturato come quello del farmaco veterinario potrà vedere prezzi calmierati come l’emblematica vicenda di Martin Shkreli insegna.

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