Anche gli allevamenti intensivi per la produzione della
lana si basano sullo sfruttamento animale utilizzando metodi crudeli e brutali.
L’Australia, dove avviene la metà della produzione
mondiale della lana merino, è il Paese in cui tali prassi sono maggiormente
diffuse.
Selezione ed ingegneria genetica sono alla base
dell’eccesiiva produzione di mantello ovino poiché naturalmente le pecore, che
producono esclusivamente la lana necessaria per proteggersi dalle basse
temperature, non avrebbero la necessità di essere tosate.
Inoltre negli allevamenti intensivi, per evitare una
perdita di produzione di lana, la tosatura inizia prima della primavera (
stagione in cui si effettua la tosatura anticipando la naturale perdita del
vello invernale) quando la temperatura è ancora troppo bassa ed il rischio che
gli ovini muoiano per il freddo è reale.
Inoltre la quasi totalità degli addetti alla tosatura
viene remunerato a volume ossia a quantitativo di lana tosata e questo li
induce ad agire senza riguardo alcuno per gli animali che subiscono lacerazioni
e tagli di entità tale da lasciarli vivi, ma sanguinanti e traumatizzati o da
provocarne addirittura la morte.
Le pecore australiane sono selezionate per avere la
pelle rugosa al fine di ottenere una maggior produzione di lana. Ma questa
caratteristica determina una notevole inclinazione alle infezioni per la
presenza di urina ed umidità.
Le pieghe cutanee dell’ovino diventano allora
l’ambiente ideale per la deposizione delle uova di mosche le cui larve si
nutrono direttamente della pecora che risulta così epsosta ad infezioni dette “ Flystrike”. Per ovviare al
fenomeno gli allevatori in
Australia infieriscono con la pratica del “mulesing” mediante cui agli animali
con gli arti bloccati da barre metalliche e sdraiati sul dorso viene asportato
con forbici e senza la somministrazione di anestetico un’ampia porzione ( diametro di circa 20 cm ) di
tessuto cutaneo attorno alla coda allo scopo di impedire l’annidamento di
insetti in questa zona. Questa violenta asportazione di pelle, che richiede circa
un mese per la cicatrizzazione, ha il
risultato di esporre la ferita ad infezioni e insetti oltre a provocare un
enorme dolore alle pecore che non riescono a camminare per giorni. L’80 % della
popolazione ovina subisce questa pratica mentre potrebbero essere utilizzati
vaccinazioni, trattamenti insetticidi ed antiparassitari, diete mirate, come
dimostrato dai sistemi utilizzati dal 20% di allevatori maggiormente sensibili
al benessere animale.
Ai piccoli viene praticato il taglio della coda,
eseguito con un coltello, i maschi sono
sottoposti alla castrazione, effettuata con una lama o o mediante un anello di
gomma per fermare l’afflusso di sangue, la rimozione delle corna compiuta con
cesoie o lame.
Tutte le operazioni attuate in questi allevamenti sono
normalmente praticate senza alcuna anestesia e con un’elevata percentuale di
mortalità.
E quando la produzione della lana diminuisce la pecora
è inviata al macello con il solito orribile calvario di morte. Ammassate su enormi navi ed esportate nei
Paesi arabi ed africani dove gli individui che sopravvivono al massacrante
viaggio sono uccisi nei locali macelli.
L’associazione PETA ha rivelato, negli ultimi 2 anni,
attraverso investigazioni e filamti girati in 37 aziende di produzione della
lana di 3 continenti le condizioni di questi allevamenti nei quali la gravità
delle ferite e mutilazioni subite dalle pecore ne può determinare la morte.
Purtroppo ciò avviene pure nelle strutture che si
definiscono “sostenibili” la cui fibra dovrebbe essere ottenuta in modo
responsabile.
Ma il destino è analogo anche per capre, conigli d’angora ed alpaca.
Ed è stata proprio un’inchiesta della Peta che ha rese
note le modalità utilizzate dalle maggiori ditte produttrici di lana d’angora
in Cina. Aziende che operano in un Paese dove non esistono pene per i reati di
maltrattamento grave degli animali e che esportano in tutto il mondo.
Ai conigli d’angora la pelliccia è brutalmente
strappata dal corpo ogni 3 mesi e questa pratica violenta provoca un grave
shock a parecchi animali.
I conigli passano l’intera vita in gabbie luride,
strette e disagevoli, e dopo atroci sofferenze vengono uccisi con mediante
gassificazione, soffocamento, folgorazione o avvelenamento.
Per contrastare tutte queste pratiche di ottenimento
della lana l’associazione Peta ha lanciato una campagna, testimonial la modella
Joanna Krupa, per la sensibilizzazione circa i sistemi violenti adottati negli
allevamenti per la produzione della fibra
e contro la moda insensibile e senza etica.
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