Pena esemplare comminata a Kisutu, Tanzania, a due cittadini cinesi accusati di possesso illegale di avorio e tentata corruzione di funzionari del dipartimento di polizia e della fauna selvatica ( mediante l’offerta di 20.000 dollari in contanti ). La sentenza della corte ha stabilito una reclusione di 30 anni per ciascuno degli imputati o il pagamento di una sanzione di 67 milioni e mezzo di dollari. Ed ha disposto la distruzione immediata dell’avorio sequestrato e delle autovetture dei due bracconieri.
I due cacciatori, in Tanzania dal 2010, ( sono stati arrestati nel 2013 dopo numerosi illeciti ) risultavano commercianti di aglio e prodotti ittici e sono responsabili, insieme ad alcuni bracconieri locali, dell’uccisione di 226 elefanti ai quali si devono aggiungere i cuccioli che saranno stati inevitabilmente sacrificati. In seguito all’arresto sono state rinvenute 706 zanne di pachidermi alcune custodite anche nella loro abitazione. Ai due cinesi sono state confiscate zanne per 1,8 tonnellate del valore totale ed approssimativo di 1,5 miliardi di dollari.
La condanna si configura come la più severa impartita da un tribunale del Paese africano per i reati di bracconaggio e detenzione illegale di avorio indirizzata a porre fine al massacro incessante degli elefanti africani della Tanzania.
In soli 3 anni , dal 2010 al 2013, nel National Park Tanzania sono stati uccisi 892 elefanti pachidermi e negli anni successivi la carneficina non si è certamente arrestata. Dal momento che la richiesta ed il commercio dell’avorio sul mercato asiatico sono in costante e vertiginoso aumento. Mentre la continua diminuzione del numero dei pachidermi fa presagire l’estinzione della specie nel giro di pochi anni. La pena, per reati di tale entità, pur se appare pesante non è ancora in realtà commisurata al danno arrecato alla perdita di un valore inestimabile come la vita degli esseri viventi.
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