lunedì 28 dicembre 2015

Il nuovo rifugio per i cani dei senza fissa dimora a Pistoia

A Pistoia la sezione Enpa, insieme al Comune,  ha attivato un’iniziativa per l’accoglienza notturna  dei cani dei senza tetto.
Gli animali possono essere ospitati dalle 18 alle 8 del mattino successivo. La custodia degli animali è prevista presso il canile sanitario di Pistoia che assicura  il pernottamento gratuito dei cani oltre alle eventuali assistenza ( bagno lavaggio, trattamenti antiparassitari, ecc.) e cure mediche ( L’Asl fornisce la regolare presenza di un veterinario) che si rivelassero necessarie.
Il progetto, prima esperienza in tal senso nella regione toscana, è stato concepito per evitare che i senza fissa dimora trascorrano la notte all’aperto, con tutte le conseguenze del caso, pur di non separarsi dal loro cane /i. Infatti se i senza tetto possono trovare ricovero presso le strutture di accoglienza approntate dal Comune e dalla Caritas durante le ore notturne, gli animali non sono ammessi in questi centri.
Pure se lodevole l’iniziativa potrebbe non avere l’esito auspicato.
Infatti oltre all’esiguità delle cucce disponibili ( 4 posti appaiono un numero decisamente limitato ) la proposta si rileva carente anche sotto un altro aspetto.
In quanto non tiene nella giusta considerazione l’esigenza alla prossimità dettata dalla comunione profonda e dell’accezione simbiotica che può assumere.  Non riconosce cioè agli individui ed agli animali il diritto al contatto, principio ritenuto sacrosanto e  intangibile esclusivamente per relazioni tra esseri umani ( il sacrificio della separazione parrebbe insopportabile per madre e figlio come per i componenti di una coppia, ecc.).
Ancora una volta non viene quindi ammessa la stessa valenza al legame tra animale umano e non umano. Ma questo può fare la differenza come ha dimostrato recentemente il caso del pensionato di Monfalcone disposto a dormire nella sua utilitaria pur di non separasi dal suo pastore belga.

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domenica 27 dicembre 2015

Il governo americano tutela i leoni africani con la legge federale per le specie a rischio






Decisiva è stata l’indignazione per l’uccisione del leone Cecil, simbolo dello Zimbabwe, da parte di un dentista americano.
L’amministrazione degli Stati Uniti ha infatti stabilito l’inserimento dei leoni dei Paesi dell’Africa centrale ed occidentale nell’elenco delle specie a rischio di estinzione tutelate dall’Endangered Species Act, mentre saranno catalogati tra le specie minacciate i leoni dell’Africa meridionale ed orientale.
Il provvedimento renderà più rigorosa la regolamentazione relativa all’importazione negli Usa di leoni vivi e di trofei realizzati con parti degli animali ( testa, pelle, zampe, code, ecc.).
Sarà vietata, tranne pochissime eccezioni, l’introduzione di trofei provenienti da Paesi in cui i leoni sono in pericolo di estinzione. Potranno essere importati trofei dai Paesi dove i leoni sono tra le specie minacciate, ma non a rischio, (Sud Africa, Tanzania, Zimbabwe) ed esclusivamente se cacciati in modo legale secondo le disposizioni locali.
La normativa è volta a ridurre il numero di felini uccisi anche allo scopo di procurarsi un trofeo di caccia.
Già in seguito al caso Cecil la maggior parte delle compagnie aeree aveva proibito il trasporto dei trofei di leoni, leopardi, rinoceronti, elefanti e bisonti, i “big five “ della caccia grossa.






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sabato 26 dicembre 2015

Un’ulteriore brutalità : guanti ed accessori made in Cina realizzati confezionati con pelle di cane

Storia infinita quelle dello sfruttamento animale.
Se in Europa e in America l’opinione pubblica è contraria alla produzione e vendita di alcuni manufatti di origine animale, a maggior ragione in quanto ottenuti con metodi cruenti, la barbarie imperversa in paesi come la Cina. Dove i cani non sono tradizionalmente considerati animali d’affezione e sono uccisi  con le atroci modalità dei peggiori macelli.
L’associazione Peta ha documentato e denunciato un nuovo commercio di pellami di cane per la realizzazione di guanti da donna, guanti da lavoro, cinture ed accessori. Ed i prodotti ottenuti in questo modo sono esportati in tutto il mondo e venduti ad acquirenti inconsapevoli sia della natura del pellame che dei sistemi con cui è ottenuto.
In attesa che il commercio di pelli di animali sia definitivamente abolito a favore di pellami realizzati con prodotti di altra origine, l’unica strada attualmente percorribile sembra quella indicata dalla stessa Peta, ossia la richiesta alle ditte, da parte dello Stato, di una garanzia circa la natura delle pelli importate ( fornita dalla campionatura delle stesse). La dichiarazione di pellami cruelty-free può infatti permettere ai clienti di attuare una scelta consapevole.
Perché i macelli nei quali vengono uccisi moltissimi cani in Cina sono una triste realtà di morte pure se, molto lentamente, la mentalità sta mutando anche in questo Paese.
Dove ci sono anche individui come l’ex miliardario Wang Yan che cerca di combattere il fenomeno acquistando gli animali che sarebbero destinati ai mattatoi. L’imprenditore, dalla scoperta delle condizioni dei macelli durante la ricerca del suo cucciolo misteriosamente scomparso, ha deciso che avrebbe utilizzato la sua fortuna finanziaria per salvare il maggior numero possibile di cani da una morte orribile.
Nel tentativo di arginare il massacro, dal 2012 Yan ha comprato migliaia di cani realizzando una struttura per loro, il “Changchun Animal Rescue” e spendendo tutto il suo denaro per sfamarli, accudirli e curarli oltre a provvedere alla loro adozione. Senza accettare offerte economiche, ma solo cibo ed azioni di volontariato.  


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venerdì 18 dicembre 2015

Ha trovato casa l’ottantenne che viveva in auto pur di non separarsi dal suo cane

E’ una storia a lieto fine quella del pensionato che, sfrattato dall’abitazione, ha scelto di alloggiare in macchina piuttosto che separarsi dal suo cane.
L’anziano ha infatti rifiutato un posto nel ricovero pubblico perchè, non essendo ammessi gli animali nel centro, questa soluzione avrebbe comportato la reclusione in un canile per la sua compagna a quattro zampe.
Nonostante  la patologia che lo aveva ha costretto alla degenza nella struttura sanitaria dove si trova anche attualmente. Sono quindi intervenuti i Servizi sociali che hanno richiesto l’aiuto di La Cuccia di Monfalcone, onlus degli Amici degli Animali di Monferrato,  per la custodia del cane.
La presidente dell’associazione, Laura Grassi, valutata la situazione, alla fine di novembre ha pubblicato sulle pagine Facebook della onlus e del giornale Il Piccolo Trieste la storia del 76enne rivolgendo un appello con la richiesta di un’abitazione a basso canone d’affitto.
E le risposte sono state veramente numerose, quasi una gara a sostegno dell’anziano e della sua Papi, una femmina di pastore belga, con la quale forma una coppia inseparabile da nove anni. I riscontri, nel periodo di due settimane, hanno permesso di trovare una nuova casa ammobiliata ed  offerta gratuitamente da due anziane sorelle.
La vicenda è emblematica dei problemi relativi al distacco tra due esseri legati da un sentimento profondo e della sofferenza che la separazione può comportare. La perdita di un affetto importante può rivelarsi infatti oltremodo dolorosa specialmente quando si diviene più fragili e quella dell’animale è una presenza preziosa anche per combattere la solitudine.
Il caso ricorda quello del senzatetto americano Logan Timothy Wilson Stoffe ricercato dalla polizia californiana di San Luis Obispo per aver sottratto a novembre il suo cane Sid, un pit bull accusato di aver morso due persone e per questo condannato alla soppressione, ad un ricovero per animali della contea in cui era in isolamento dal luglio scorso.
Il legame con un animale e la conseguente esigenza di condividere esperienze e spazi non riguarda la sfera del superfluo, al contrario è una necessità perché gli affetti, indipendentemente dalle specie dai soggetti coinvolti, rappresentano una componente essenziale dell’esistenza e la casa è un diritto, per tutti.



sabato 12 dicembre 2015

“Push-pull” la tecnica colturale per la protezione delle piante senza pesticidi ed Ogm

L’Africa si sta prendendo la rivincita sviluppando tecnologie naturali per la difesa delle coltivazioni da insetti e parassiti. In Kenya è stato infatti messo a punto un nuovo sistema per proteggere le colture evitando l’uso di pesticidi. Il Centro Internazionale per la Fisiologia e l’Ecologia degli insetti di Mbita in Kenya diretto da Segenet Kelemu mediante attraverso una ricerca effettuata da un gruppo di scienziati guidati dall’entomologo Zeyaur Khan ha ideato una tecnica di coltivazione chiamata push-pull ( spingi-tira)  che utilizza le capacità di difesa dei vegetali, mediante la produzione di sostanze chimiche repellenti per gli insetti,. per  salvaguardare le coltivazioni.
Lo studio, iniziato circa 22 anni fa, si è concentrato sulle minacce alle colture di mais e sorgo rappresentate soprattutto dagli insetti trivellatori (tarlo dello stelo del mais Bussola fusca, e il tarlo dello stelo maculato, Chilo partellus) e dalle erbe infestanti ( striga e piramide).
Questa tecnica, che utilizza un criterio contrario a quello della monocoltura, si basa su una duplice azione ed è detta push-pull perché attira gli insetti buoni e respinge i cattivi
Tra le file di mais si intercalano file di una pianta che svolge un’azione repellente per gli insetti  dannosi  (leguminose del genere Desmodium) poiché secernono sostanze chimiche che allontanano  ( push) gli insetti nocivi. Mentre attorno ai campi delle coltivazioni  si piantano erbe che attraggono ( pull) gli insetti parassiti con l’emissione di sostanze chimiche che le rendono  più attraenti delle colture (come l’erba Napier o erba elefante, Pennisetum purpureum).
Inoltre le erbe efficaci nel respingere gli insetti dannosi contribuiscono a concimare il terreno (le radici del Desmodium accolgono batteri che fissano l’azoto) evitando così  il ricorso ai fertilizzanti. Oltre a rappresentare un foraggio ideale per gli animali da allevamento.
E poiché molti coltivatori non potrebbero permettersi l’acquisto di insetticidi, diserbanti e  fertilizzanti la tecnologia del push-pull, fornendo prodotti chimici utili per l’agricoltura  naturali e rinnovabili, assicura a questi contadini raccolti maggiori e migliori utili economici.
Pure nello Stato del Malawi si è sviluppata una tecnica che inserisce tra le colture un albero simile all’acacia ( Faidherbia albida) il quale, grazie alla cadute delle foglie all’inizio del ciclo di crescita delle coltivazioni, svolge un’azione di concimazione del suolo. Anche in questo caso gli agricoltori che utilizzano questa prassi ottengono un profitto ben più elevato dei coltivatori che ricorrono ai fertilizzanti chimici.
L’esperienza africana dimostra che l’attenzione all’ambiente può essere vincente coniugando produzione agricola e rispetto per la natura.  Evitare il ricorso ad antiparassitari, fertilizzanti chimici ed Ogm è quindi non solo possibile, ma anche conveniente per l’essere umano e l’ambiente.
E  la tecnica del push-pull e i Voc ( volatle organic compunds, ossia le sostanze volatili emanate dai vegetali, odori che hanno lo scopo di attrarre i predatori naturali dei parassiti che li attaccano ), su cui il nuovo sistema colturale si basa, ha suscitato notevole interesse anche in Europa. Dove, in seguito alle ultime infestazioni di parassiti ed insetti resistenti ai rimedi conosciuti, si stanno studiando nuove tecnologie di tutela delle colture elaborate a partire dai naturali metodi difensivi dei vegetali.
Per questo motivo il progetto europeo Pure ha stabilito dei protocolli per individuare un sistema di coltivazione che comporti ridotti interventi artificiali umani per garantire, mediante l’agricoltura integrata con l’utilizzo di varietà resistenti, il controllo di insetti e parassiti dannosi. La coltura integrata come efficace alternativa all’uso di prodotti chimici e come strumento per ripristinare gli equilibri naturali che l’intervento umano, attraverso i processi agricoli, modifica e spesso distrugge.  

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martedì 8 dicembre 2015

Report (Milena Gabanelli) : il business degli alimenti per animali




La puntata del 6 dicembre 2015 della trasmissione Report dedicata agli alimenti confezionati per gli animali d’affezione ha reso pubblici le aberranti metodiche operative di questa fiorente industria e di ciò che vi si cela dietro (sperimentazione animale ed espansione del un mercato farmaceutico per contrastare le patologie ed i danni, allergie in primis,  provocati da questo tipo di cibo).
Sconfortante, anche se già noti, contenuto di scatolette, bustine e soprattutto croccantini ( “alimento “secco che richiederebbe l’ingestione di ingenti quantità d’acqua per reidratare sufficientemente il composto ed anche per questo particolarmente sconsigliati per il gatto) mentre rimangono sconosciuti altri importanti componenti come i conservanti, additivi, ecc. Mentre purtroppo si palesano gli effetti a breve e lungo termine delle sostanze tossiche, agenti contaminanti, tossine e micotossine contenute in tali prodotti alimentari.
Perlomeno fuorviante la condotta della maggior parte degli appartenenti alla categoria medico veterinaria per la quale emerge nel migliore dei casi un desolante quadro di insufficienza di competenze professionali, ma anche di forti complicità con le aziende produttrici di alimenti per animali.
Le problematiche relative alla produzione industriale del cibo destinato all’alimentazione animale risultano ancor più accentuate rispetto ai prodotti per l’alimentazione umana.
Infatti grazie all’assoluta carenza di regolamentazione mangimi ed integratori, oltre ad essere realizzati a scapito di altri esseri viventi, sono maggiormente soggetti ad inquinamenti ed avvelenamenti per la presenza di elementi tossici.  
Emerge che nell’industria alimentare multinazionali prevale una totale assenza etica che lascia spazio esclusivamente per gli enormi profitti che questo settore è in grado di generare.




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